mercoledì 28 marzo 2012

Ama chi ti odia



Ama chi ti odia.

Casualmente m’è capitato di sentire uno di questi sabati di agosto la predica di Padre Cantalamessa nel programma “A tua immagine” di Rai Uno. Mi sono fermato ad ascoltarlo quando ha detto che avrebbe commentato la parabola del buon samaritano, e che l’avrebbe fatto seguendo il commento del Papa. Ha ricordato che samaritani e giudei erano nemici, e che attualizzando la parabola si dovrebbe parlare oggi di occidentali e africani, di palestinesi ed israeliani. Su questo non facciamo difficoltà a dargli ragione, siamo tutti convinti che il massacro nel Darfur sia uno scandalo e che Israele e Palestina trovino un intesa per diventare due Stati regolati da rapporti di buon vicinato. Non ha colto la bellezza del concetto di compassione, riletto dal Papa. Ma soprattutto non ha colto la profondità della provocazione del Vangelo. Siamo tutti infatti a favore della pace mondiale, ma non facciamo nulla per la pace nel nostro condominio, nel nostro paese…
Il problema del prossimo si complica quando scopriamo, con il Vangelo, che il nostro prossimo è quello della porta accanto con il quale abbiamo litigato. Il problema si complica quando a commento della parabola del buon samaritano colleghiamo quell’altra sulla preghiera. Se sei già entrato in chiesa, ma ti ricordi che hai del rancore, con quello della porta accanto, lascia tutto e vai prima a fare la pace con lui. Anche se sei convinto che la colpa sia sua, perché per la dottrina di Cristo, ai nemici non si deve solo perdonare, li si deve anche amare…
Te l’immagini una domenica se il parroco dicesse: “Fratelli e sorelle, non prendiamoci in giro, prima dobbiamo comportarti da cristiani e poi possiamo pregare da cristiani. Chi ha qualcosa con un suo parente, con un suo vicino esca vada a far la pace e poi ci ritroviamo qui a continuare la Messa”.
“Sì, ma è colpa lui!”. “Sì, ma è stato lui a togliermi il saluto!” “E’ lui che ha iniziato!”
“Non ha importanza, se amate chi vi ama, dice il Gesù, che merito avete? Anche i laici e gli atei lo fanno. Vi riconosceranno come miei discepoli, quando dimostrerete di sapere amare anche chi vi ha offeso, chi vi odia, quando saprete amare anche i vostri nemici”

VENERDÌ 3 AGOSTO 2007


Amare la collega?

Mi è arrivato un commemto privato al mio Blog "Amare i nemici". Lei dice "incazzata": ho una collega d'ufficio che con la sua perfidia mi ha fatto venire l'esaurimento, e dovrei anche amarla? Quale religione può pretendere una cosa del genere?
Dico io: non è un prblema di religione ma di logica. La collega è evidentemente una di quelle persone che godono e si realizzano nel fare del male agli altri. Se le dai a vedere che ha raggiunto il suo scopo avrà un orgasmo, e cercherà di farsene venire un altro alla prossima occasione di scontro con te. Se al contrario la lasci perdere, la snobbi, la perdoni, la ami...., dovrà per forza cercare un altra su cui realizzarsi. Dice il saggio. Se a chi ti assale con una spada opponi il tuo corpo, il fendente ti colpirà per la gioia di chi ti ha voluto colpire. Se schivi il fendente la spada finirà per ferire chi voleva colpirti.

SABATO 28 LUGLIO 2007


Blog laico.

Chi cerca di convincermi su qualcosa mi da fastidio. Io non cerco di convincere nessuno. Ho delle idee e le affermo in qualsiasi campo e in qualsiasi contesto, qualcuno si dice contrario, qualcuno concorda, ma la cosa non mi riguarda. Non ho una verità da diffondere od affermare su nulla. Sono convinto infatti che ci sono tante verità quante sono le teste dei viventi a questo mondo. La mia è solo una di queste verità, non ha senso che mi affanni a convincere altri a condividerla. Per questo mi piace scrivere sul blog. Ci scrivo appunto ciò che mi passa per la testa. A qualcun altro capiterà di leggermi, come a me capita di leggere tanti altri post di persone che non conosco, che non avrò mai modo di incontrare fisicamente. Qualcuno penserà che ciò che scrivo è interessante, qualcun altro che è stupido, e gli uni e gli altri passeranno oltre a cercare altri pensieri di altre persone. Qualcuno persino si attarderà a lasciarmi un commento… E’ veramente un altro mondo, rispetto a quello in cui viviamo, dominato dall’interesse a convincere gli altri. Per motivi commerciali, politici, religiosi qui tutti si affannano a convincermi a credere a ciò che affermano. Qui c’è quindi una guerra continua, commerciale, politica, religiosa. Là siamo nel laicismo più assoluto, che significa rispetto dell’altro, della sua libertà di pensiero. E se dal mondo virtuale dei blog, nascesse una nuova etica per i rapporti interpersonali anche nel mondo reale? Non è una prospettiva impossibile. E in questa prospettiva il blog non sarebbe un passatempo per perditempo, come spesso viene considerato, ma un luogo ove esercitarsi ad un nuova modalità di relazioni.
Dal modo dei blog, un nuovo modo di rapportarsi, di vivere. Dal modo dei blog una nuova “forma mentis” come base per una nuova società, fondata sul reciproco rispetto, sul riconoscimento dell’alterità come valore, della libertà come principio, della laicità come concetto dell’accettazione delle idee del nostro prossimo!!!

GIOVEDÌ 12 LUGLIO 2007


Il valore della prossimità


Sto leggendo “Gesù di Nazaret” di Joseph Ratzinger e mi ha colpito il commento del Papa alla parabola del buon samaritano (pag. 231). Mi sono trovato a riflettere su come la nostra società abbia perso valore della prossimità. Nei paesi della società contadina, tutti erano prossimi tra loro. Tutti conoscevano tutto di tutti. A volte solo per sparlare. Ma anche lo sparlare è in qualche modo condivisione. Oggi non si sa nulla neppure di chi ha l’appartamento che dà sul nostro stesso pianerottolo.
Cosa significa avere dei “prossimi”? Chi è il tuo prossimo? Alla domanda il Vangelo risponde con la parabola del samaritano. C’era un uomo ferito sulla strada, ma un sacerdote ed un levita passarono oltre. “Forse più per paura che per indifferenza” commenta il Papa. Arrivò un samaritano, un estraneo se non un nemico ed ebbe invece compassione. Traduciamo in questo modo un termine molto più forte perdendo “l’originaria vivacità del testo”: più esatto sarebbe tradurre “gli si spezzò il cuore”, continua il Papa. La vista dell’uomo ferito lo prese nelle viscere, nel profondo dell’anima.
Il valore della prossimità sta non in un atteggiamento caritatevole o assistenziale, ma nel sentire il prossimo dentro di noi, parte di noi. Il prossimo, non soltanto l’amico!
Il samaritano non è né un prete né un levita, ma è uno che ha il coraggio di essere uomo. In quanto uomo sente il prossimo come un fratello del quale non ci si può disinteressare. Perché, dice il Papa, se sei veramente uomo, l’altro, il fratello entra in te, diventa parte di te, come se fosse un elemento del tuo corpo. La ferita anche del dito mignolo è un grande dolore per tutto il corpo.
E questa non è una verità di fede, ma un discorso assolutamente laico per i laici. Il bello del libro è che per la prima volta un Papa scrive da laico.
Non è un discorso di sinistra, perché il samaritano non lascia tutto per mettersi a fare il missionario nella pretesa di salvare l’umanità. Il samaritano è un mercante, iscritto alla confcommercio se non alla confindustria, che continua a fare il suo mestiere. Ma è prima di tutto un uomo, cui si spezza il cuore quando incontra un prossimo…Possiamo immaginarci una società di mercanti ai quali si spezza il cuore? Perché no? Un ideale è sempre un punto di arrivo, non di partenza.
Anche tra le mie montagne si parla tanto di riqualificare il vivere in paese introducendo i servizi di prossimità. Sarebbe un passo importante, se attraverso i servizi di prossimità si riuscisse a reintrodurre il valore della prossimità. Il vivere in paese diventerebbe allora un modello di eccellenza per la qualità della vita.

MERCOLEDÌ 11 LUGLIO 2007

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