Nel romanzo "Quid est veritas, che cosa è la verità" che ho scritto ed autopubblicato con Boopen, (acquistabile al sito
http://www.boopen.it/) Gesù non muore in croce.
L’espediente letterario serve a sottolineare come il messaggio di salvezza non si debba cercare nella morte, ma nelle parole, nella rivelazione… Pilato il protagonista del romanzo, dopo aver salvato il nuovo profeta, vorrebbe riuscire a sapere da lui, quale sia la verità sull’uomo. Quale sia il senso della rivelazione, che ha posto alla base della sua predicazione, per la quale l’uomo, come figlio di Dio, è destinato alla vita eterna. Mentre Saulo, sulla vita del profeta, costruisce una nuova religione, la domanda di Pilato, come quella d’ognuno di noi, resta senza risposta.
Il romanzo che si era aperto con la domanda sulla verità, si chiude con la risposta “la verità ci rende liberi”. Ma è una risposta che non esaurisce in nostro bisogno di verità sul senso della nostra vita…
Riporto di seguito la prefazione del libro.
Se il titolo non fosse già stato utilizzato, avrei voluto intitolare il romanzo “Ipotesi su Gesù”.
Presentando una versione, se non inedita almeno inusuale delle vita di Gesù, il mio intento non è stato infatti quello di ricercare una nuova verità sulla vita del personaggio storico, e ancora meno di affermare che è sbagliato tutto quanto si è detto e scritto sul personaggio in questi duemila anni. La mia è solo una ipotesi, per immaginare quali potrebbero essere le conclusioni alle quali si potrebbe giungere, sulla base della simulazione proposta.
Se Cristo non fosse morto, cosa ne sarebbe del cristianesimo? Oppure quale sarebbe il cristianesimo, se il suo fondatore non fosse stato crocefisso? Non avremmo una religione fondata sull’idea d’un Dio che redime l’umanità dal peccato originale, attraverso il sacrificio in croce del figlio fattosi uomo. Avremmo, al contrario, un religione fondata soltanto sulle idee che Cristo ha predicato.
Idee che comunque fanno già parte della dottrina cristiana, si potrebbe obiettare. Ma l’ipotesi serve a verificare (o meglio a suggerire di verificare) se l’enfasi posta su ciò che Gesù ha fatto, non abbia portato in secondo piano, ciò che ha detto ed insegnato.
L’ipotesi consente in secondo luogo di verificare se l’attenzione su ciò che ha fatto, non abbia portato anche a stravolgere o quantomeno a forzare la trascrizione di ciò che ha detto, per far coincidere le parole con l’immagine del personaggio che si voleva rendere.
Una ipotesi come questa, si potrebbe obiettare ancora, avrebbe dovuto portare a sviluppare un saggio, non un romanzo.
Il saggio tuttavia si sarebbe proposto di dimostrare. Io invece voglio soltanto suggerire che ci potrebbe essere una lettura diversa, sia dei fatti che delle parole. Il mio suggerimento diventa quindi un invito ad una rilettura personale dei testi, che ci sono stati tramandati sulla vita di Gesù, sia quelli canonici che quelli definiti apocrifi, per arrivare ad una propria ricostruzione del personaggio che, anche a prescindere da come appare oggi agli occhi della fede cristiana, è stato quello che ha determinato e condizionato tutta la storia e la cultura occidentale.
Ma perché immaginare che non sia morto in croce? Perché l’idea del sacrificio in generale, ed a maggior ragione l’idea del sacrifico del figlio di Dio, attiene alla sfera del sacro, ed il sacro non si discute, ma si deve accettare per fede. Perché di fronte all’evento di Dio che sacrifica il figlio, per redimerci dal peccato originale, non ci può essere discussione, ma soltanto devota e totale gratitudine. Il fatto è talmente al di fuori della ragione dell’uomo, che non può essere discusso, ma accettato o rifiutato sulla base della fede.
Invece al di qua del sacrificio, siamo al di fuori del sacro, siamo quindi sul piano delle parole, che possono essere interpretate e discusse. Al di qua, si può anche immaginare di poter ricostruire le parole, che non sono state tramandate, perché qualcuno le ha ritenute non coerenti con l’idea del sacro.
Più che un romanzo una provocazione!
Forse sì. Tuttavia nel senso più positivo del termine. Tra chi accetta senza discutere e chi rinuncia a discutere a priori, considerando l’argomento senza interesse, la provocazione a partecipare ad una discussione, sull’origine del pensiero dal quale si è sviluppata la cultura cristiana, nella quale siamo nati, e che, ci piaccia o no, è la nostra cultura di occidentali.