mercoledì 28 marzo 2012

Gesù laico



Gesù laico.


Un internauta, che evidentemente ha visitato il mio sito, mi ha scritto sottolineando il mio essere in contraddizione (a suo dire) perchè da una parte mi proclamo laico, dall’altra scrivo un romanzo sulla vita di Cristo. Non vedo la contraddizione! Laico non è sinonimo di ateo, e neppure di materialista. Laico è uno che ritiene di usare la ragione anche nella ricerca del senso più profondo del suo esistere, senza accontentarsi di risposte date come verità di fede, senza il comodo appoggio delle religioni. Nel mio romanzo “Quid est veritas?”, del quale, (a conferma di quanto vado dicendo), riporto di seguito e di nuovo la presentazione, tralasciando la verità di fede per la quale Cristo salva l’umanità con la sua morte, cerco di capire se non si possa ritrovare nel Vangelo, un Gesù laico che vuole salvare l’umanità con il suo messaggio, con la sua parola, che appunto “ci rende liberi”. Per quanto mi riguarda mi sono dato una risposta positiva, l’uomo può rapportarsi con Dio e quindi con la propria eternità, senza la religione, ed è stato proprio il filosofo Gesù a predicare un tanto!... Gesù non parla di liturgie, di Sacramenti, non si perde a disquisire sull’uno e trino, invita semplicemente a chiudersi nella propria camera e a ritrovare Dio che è lì, perchè è in ognuno di noi. Un po’ quello che dicono le filosofie orientali!...


Il libro è acquistabile solo in internet ai siti di Boopen, IBS, Libreria Universitaria.La verità ci rende liberi: Quid est veritas – Che cosa è la verità.
Presentazione.
Se il titolo non fosse già stato utilizzato, avrei voluto intitolare il romanzo “Ipotesi su Gesù”.
Presentando una versione, se non inedita almeno inusuale delle vita di Gesù, il mio intento non è stato infatti quello di ricercare una nuova verità sulla vita del personaggio storico, e ancora meno di affermare che è sbagliato tutto quanto si è detto e scritto sul personaggio in questi duemila anni. La mia è solo una ipotesi, per immaginare quali potrebbero essere le conclusioni alle quali si potrebbe giungere, sulla base della simulazione proposta.
Se Cristo non fosse morto, cosa ne sarebbe del cristianesimo? Oppure quale sarebbe il cristianesimo, se il suo fondatore non fosse stato crocefisso? Non avremmo una religione fondata sull’idea d’un Dio che redime l’umanità dal peccato originale, attraverso il sacrificio in croce del figlio fattosi uomo. Avremmo, al contrario, un religione fondata soltanto sulle idee che Cristo ha predicato.
Idee che comunque fanno già parte della dottrina cristiana, si potrebbe obiettare. Ma l’ipotesi serve a verificare (o meglio a suggerire di verificare) se l’enfasi posta su ciò che Gesù ha fatto, non abbia portato in secondo piano, ciò che ha detto ed insegnato.
L’ipotesi consente in secondo luogo di verificare se l’attenzione su ciò che ha fatto, non abbia portato anche a stravolgere o quantomeno a forzare la trascrizione di ciò che ha detto, per far coincidere le parole con l’immagine del personaggio che si voleva rendere.
Una ipotesi come questa, si potrebbe obiettare ancora, avrebbe dovuto portare a sviluppare un saggio, non un romanzo.
Il saggio tuttavia si sarebbe proposto di dimostrare. Io invece voglio soltanto suggerire che ci potrebbe essere una lettura diversa, sia dei fatti che delle parole. Il mio suggerimento diventa quindi un invito ad una rilettura personale dei testi, che ci sono stati tramandati sulla vita di Gesù, sia quelli canonici che quelli definiti apocrifi, per arrivare ad una propria ricostruzione del personaggio che, anche a prescindere da come appare oggi agli occhi della fede cristiana, è stato quello che ha determinato e condizionato tutta la storia e la cultura occidentale.
Ma perché immaginare che non sia morto in croce? Perché l’idea del sacrificio in generale, ed a maggior ragione l’idea del sacrifico del figlio di Dio, attiene alla sfera del sacro, ed il sacro non si discute, ma si deve accettare per fede. Perché di fronte all’evento di Dio che sacrifica il figlio, per redimerci dal peccato originale, non ci può essere discussione, ma soltanto devota e totale gratitudine. Il fatto è talmente al di fuori della ragione dell’uomo, che non può essere discusso, ma accettato o rifiutato sulla base della fede.
Invece al di qua del sacrificio, siamo al di fuori del sacro, siamo quindi sul piano delle parole, che possono essere interpretate e discusse. Al di qua, si può anche immaginare di poter ricostruire le parole, che non sono state tramandate, perché qualcuno le ha ritenute non coerenti con l’idea del sacro.
Più che un romanzo una provocazione!
Forse sì. Tuttavia nel senso più positivo del termine. Tra chi accetta senza discutere e chi rinuncia a discutere a priori, considerando l’argomento senza interesse, la provocazione a partecipare ad una discussione, sull’origine del pensiero dal quale si è sviluppata la cultura cristiana, nella quale siamo nati, e che, ci piaccia o no, è la nostra cultura di occidentali.




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