mercoledì 28 marzo 2012

Il limbo che non c'è più.



Tra i racconti raccolti in “Fiabe e Leggende dei Carni” ce n’è uno che riguarda il Santuario della Madonna di Trava in Comune di Lauco. Per secoli (dal 1600 al 1800) è invalsa la credenza che nel Santuario si realizzasse il miracolo per il quale i bambini nati morti potevano riprendere a vivere per gli istanti necessari a ricevere il battesimo e poter quindi entrare in Paradiso invece che al Limbo. Una credenza che nel racconto faccio risalire ai Celti.
Don Geretti invece presentando un opuscolo di Ercole Casolo che ricostruire la storia dell’avvenimento, ricordando la posizione ambigua della chiesa che a volte si è opposta altre volte ha accettato il fatto, si sofferma sul tema del Limbo, per la Chiesa oggi abolito.
Sostiene che il Limbo “era patrimonio dell’immaginario cristiano collettivo, non della dottrina cattolica: mai vi fu tra gli articoli di fede della Chiesa una qualsiasi asserzione riguardante il cosiddetto Limbo”. Ricorda però anche che nel catechismo di Pio X rimasto in vigore fino al 1992 si leggeva che “i bambini morti senza battesimo vanno al limbo, dove non godono Dio, ma nemmeno soffrono perché avendo il peccato originale, e quello solo, non meritano il paradiso ma neppure l’inferno e il purgatorio”. Dopo aver in qualche modo giustificato le madri di Trava che non “riuscirono a rassegnarsi alla tristezza di un destino che la loro sollecitudine materna aveva deciso di evitare ai loro figli”, trova infine il modo per tirare l’argomento a riprovare quanti “reputano un fatto normale e persino civile negare al concepito non ancora nato non già la fortuna del Battesimo, ma quello della nascita stessa”.
Se questi ultimi sono da riprovare che dire della Chiesa che s’è inventata per i nati-morti, ma che pure sono vissuti per mesi nel ventre materno, l’immaginario di una morte eterna nella non-visione di Dio per l’eternità? L’aborto provoca la morte d’un essere non cosciente che quindi non ha la coscienza della propria morte. Con il Limbo si immaginava, per i bimbi nati morti, senza né pena né colpa la cosciente, mancanza della visione di Dio per l’eternità.
Non era verità di fede, spiega don Geretti, era solo immaginario. Ma chi ha avuto il coraggio di immaginare per una madre che ha sofferto i dolori del parto per dare alla luce un bimbo morto, di aggiungere la sofferenza di sapere che suo figlio non avrebbe potuto godere della visione di Dio, di aggiungere il disonore per aver dato alla luce un figlio al quale non veniva riconosciuto il diritto, di riposare nella terra santa del camposanto?
Quante altri condizionamenti derivati dall’educazione cattolica, dovremo riconoscere che sono frutto soltanto dell’immaginario cristiano?


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